da Chiang Mai (Thailandia)
In Myanmar, il Tatmadaw – il potente esercito del Paese – approfittando della situazione di emergenza per il coronavirus, ha praticamente ripreso il controllo della nazione, intensificando anche gli attacchi in diverse regioni etniche.
A fine marzo il governo guidato da Aung San Suu Kyi ha formato un comitato con l’obiettivo di gestire i casi di Covid-19. Ma dopo pochi giorni le truppe armate hanno fatto la loro mossa e hanno istituito una nuova e più potente task force, che non include neanche la rappresentanza del ministero della Salute e dello Sport, così come nessuno degli uomini della Suu Kyi. E, di fatto, si sono ripresi il completo potere nel Paese.
Questa task force, infatti, è guidata dal vicepresidente Myint Swe, un ex generale sanguinario, noto per i suoi precedenti record di arresti e repressione, in particolar modo durante la protesta antigovernativa condotta dai monaci buddisti nel 2007.
Gli altri membri del team sono sempre militari, compreso il ministro della Difesa, degli affari Interni e degli affari di Frontiera. Tutti ministeri che, è bene ricordarlo, secondo la carta costituzionale del Myanmar, sono riservati all’esercito, insieme al 25% dei seggi parlamentari, indipendentemente dall’esito delle elezioni.
Bertil Lintner, giornalista ed esperto del sud-est asiatico, scrive su Asia Times che la mossa dei militari, e il fatto che la task force sia guidata da un ex potente generale, «significa che il Tatmadaw è effettivamente tornato al posto di guida», non limitandosi più ad «esercitare un potere da dietro le quinte del governo della San Suu Kyi».
E con la ripresa del comando, l’esercito birmano non ha perso tempo. Potenti offensive, anche con l’uso dell’aviazione, infatti, sono in atto contro le etnie in diverse zone del Paese. Nello Stato Rakhine (famoso per la repressione alla minoranza Rohingya), Chin, Kachin e Karen (leggi Birmania: etnia Karen vittima di una guerra silenziosa), i combattimenti hanno provocato la morte e il ferimento di centinaia di persone e costretto migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie abitazioni e a rifugiarsi nella giungla.
Secondo il rapporto A Nation Left Behind: Myanmar weaponization of Covid-19, pubblicato a inizio giugno da Progressive Voice, un gruppo di ricerca e difesa sui diritti umani, evidenzia come i militari stiano usando la pandemia per intensificare la repressione contro le comunità etniche, sfruttando la situazione per assicurarsi un ruolo politico di primo piano anche per il prossimo futuro e, soprattutto, in vista delle elezioni del 2021.
L’analisi dell’associazione per la difesa dei diritti umani è iniziata il 23 marzo, quando il governo del Myanmar ha fatto tre importanti annunci: la conferma che il coronavirus era arrivato nel Paese; la dichiarazione che l’Arakan Army (Aa) – uno dei gruppi etnici armati più attivi in questo momento – veniva segnata come organizzazione legata al terrorismo, in modo da poter aumentare l’offensiva militare contro di loro; l’ordine da parte del ministero delle Comunicazioni e dei Trasporti ai fornitori di servizi di telecomunicazioni di bloccare qualsiasi sito web che pubblicasse presunte notizie false.
Secondo Progressive Voice, infatti, questi annunci segnano l’inizio della strategia delle forze armate che, pochi giorni dopo, il 27 marzo, prendendo il controllo del comitato in risposta all’emergenza Covid-19, prendono anche il controllo dell’intero Paese.
«L’esercito e il governo hanno usato il Covid-19 per distogliere l’attenzione dalle offensive in corso nelle regioni etniche», ha affermato Khin Ohmar, presidente dell’organizzazione.
«I militari del Myanmar stanno usando il coronavirus come copertura per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, in particolare nello Stato Rakhine, dove centinaia di persone sono state torturate e uccise».
«È fondamentale sottolineare che la repressione e le violenze non sono nuove tattiche utilizzate dai militari del Myanmar, le loro brutalità sono state a lungo denunciate dalla società civile e dagli organi investigativi delle Nazioni Unite, dimostrando che il Paese ha violato il diritto internazionale e il diritto umanitario durante i suoi sette decenni di guerra civile», ha aggiunto Ohmar.
«Se l’esercito non si impegna a porre fine ai suoi attacchi contro le varie comunità, anche la risposta alla pandemia globale dichiarata dal governo sarà impossibile da attuare sul campo», conclude il presidente di Progressive Voice.